“Amicizia” 50 anni dopo. Breve recensione dell’ultimo libro di Stefano Breccia
La storia di “Amicizia” è senza dubbio uno dei casi più interessanti e importanti della storia dell’ufologia moderna.
Il numero dei testimoni diretti ancora in vita, la mole di materiale conservato (foto, video, registrazioni audio), la stessa durata della vicenda (più di venti anni), ne fanno il caso di contatto tra umani e popoli di altri mondi meglio documentato di cui, ad oggi, si abbia conoscenza.
Ricordo che quando uscì la prima edizione di “Contattismi di Massa“, nel 2007, la storia, pur non sconosciuta agli addetti ai lavori, fece un grande scalpore negli ambienti ufologici. Alieni di aspetto molto simile a noi che vivevano in basi sotterranee proprio qui, in Italia, e che interagirono con diverse decine di persone di diversa estrazione sociale tra la metà degli anni 50 e la fine degli anni 70 (almeno stando alla cronologia ufficiale), costituivano uno scenario completamente nuovo che negli anni ha mutato profondamente la percezione della presenza extraterrestre e che in alcuni casi, per esempio negli Stati Uniti, ha “rotto” diversi cliché che sembravano impossibili o comunque minoritari (mi riferisco in particolare all’idea che possano esistere forme di vita aliene di aspetto umano diverse dal solito stereotipo del “grigio”).
Da quel lontano 2007 molte cose sono quindi cambiate. La storia di Amicizia, grazie al lavoro di molti ricercatori in Italia e all’estero è stata fatta conoscere al grande pubblico attraverso libri, documentari, conferenze. Alcuni dei testimoni chiave della storia, che in Contattismi di Massa erano stati citati in modo anonimo, si sono fatti avanti dopo anni di silenzio confermando la storia e aggiungendo altri particolari relativi alla loro esperienza. Altri hanno scelto, conformemente ai propri principi, di conservare l’anonimato pur facendo trapelare la propria esperienza; qualcuno altro invece ha preferito rimanere nell’ombra. Senza contare che è stato proprio grazie ad alcuni di loro che è stato possibile, come nel caso di chi scrive, approfondire e letteralmente riscoprire alcune figure chiave coinvolte nella vicenda come il Console Alberto Perego, vero pioniere dell’ufologia italiana e primo divulgatore della vicenda.
Fermo restando, dunque, che ci sono ancora moltissimi interrogativi riguardo questa straordinaria vicenda e che molti di questi, per ragioni diverse, non potranno mai avere risposta, è indubbio che oggi sappiamo molto più di “Amicizia” rispetto a quanto ne sapessimo sei anni fa.
Ed ecco che, a distanza di tutti questi anni, esce un nuovo libro sulla vicenda intitolato “50 years of Amicizia“, dallo stesso autore del primo libro, l’ingegnere italiano “Stefano Breccia“, una delle persone sicuramente più informate sulla vicenda, oltre che testimone diretto di moltissimi episodi che hanno a che fare con i W56 e i CTR, i protagonisti “alieni” della vicenda.
Sul perché il libro sia stato pubblicato in lingua inglese prima che in italiano non reputo utile soffermarmi, ma certamente dobbiamo ringraziare il ricercatore australiano Warren Aston che, in stretta collaborazione con Stefano Breccia, ha curato e reso disponibile al grande pubblico quest’opera postuma che può considerarsi l’ultimo testamento dell’ingegnere aquilano sulla vicenda.
Passando al libro si tratta di un volume illustrato di circa 240 pagine suddiviso in 13 capitoli con tre brevi introduzioni (una dell’editore Warren Aston, una di Roberto Pinotti e una dello stesso Stefano Breccia).
Devo confessare che avendo avuto la fortuna di leggere le bozze del libro quando era ancora in una fase intermedia di stesura le mie aspettative erano molto alte perché pur avendo una conoscenza abbastanza approfondita del caso (e di alcuni aspetti meno noti della vicenda raccolti dalla viva voce dei testimoni) ero convinto che Breccia con questo ultimo lavoro avrebbe alzato maggiormente il velo di mistero che avvolge l’intera vicenda, magari rivelando nuove informazioni che avrebbero risposto ai molti interrogativi rimasti insoluti.
Purtroppo queste mie aspettative sono state esaudite solo in parte.
Il libro si presenta infatti più come una riedizione arricchita e riorganizzata del primo libro che come un vero e proprio nuovo lavoro. Si nota infatti, fin dalla suddivisione dei capitoli nell’indice, una certa frammentarietà nella disposizione dei contenuti, un po’ come se il materiale delle bozze sia stato messo insieme alla rinfusa senza uno schema narrativo preciso, molto probabilmente a causa della scomparsa prematura dell’autore.
Se nel primo libro il lettore poteva rimanere disorientato dalla narrazione confusa e a volte contraddittoria di Bruno Sammaciccia (di cui Breccia, come dichiara nell’introduzione, ha raccolto e riordinato le memorie orali), in questo secondo volume, pur nel tentativo dell’autore di dare un maggiore ordine alla materia, si avverte la mancanza di una idea e di un filo conduttore che leghi i vari capitoli del volume e questo dà l’impressione che ci si trovi piuttosto di fronte ad una raccolta postuma di appunti.
Alcuni capitoli (soprattutto i primi, quelli riguardanti i W56 e i CTR) sono sostanzialmente ripresi dal primo libro, il materiale narrativo è stato sinteticamente riorganizzato per temi (Chi sono, da dove vengono, la loro tecnologia, il loro comportamento) in modo da risultare più chiaro e meno dispersivo rispetto a Contattismi di Massa. Questo sicuramente a vantaggio di chi, non avendone mai sentito parlare, si avvicina per la prima volta alla storia.
Uno dei capitoli è dedicato alla famosa foto del W56 di nome Kenio e all’analisi eseguita da Teresa Barbatelli (anche se già pubblicata su internet anni prima) che qui viene ripubblicata nella sua interezza con alcune riflessioni dell’autore che ne sostiene l’autenticità.
Nonostante la mancanza di omogeneità (dovuta anche alla difficoltà di raccontare una storia così complessa) e la presenza di materiale preso direttamente dal primo volume o da altri libri (è riprodotto anche un capitolo del libro “Noi e Loro” di Paolo di Girolamo e una dichiarazione del pittore Gaspare De Lama), il libro contiene tuttavia anche molto materiale inedito, tra cui alcune foto d’epoca che ritraggono i testimoni principali, aneddoti riguardanti l’esperienza diretta dello stesso Breccia e alcuni documenti che da soli rendono questo volume di estrema importanza.
In particolare ho trovato molto interessante il capitolo riguardante i CTR e le esperienze dirette di alcune persone, note a Breccia, delle quali l’autore ha raccolto e ripubblicato stralci di diari che gli sono stati lasciati. Ci sono a riguardo molte informazioni che nel primo libro mancavano o erano solo accennate (lo sapevate per esempio che una delle due basi dei CTR a Roma si trova -o si trovava?- sotto l’incrocio tra via Cavour e Via dei Fori Imperiali?) e che danno un quadro più chiaro del ruolo di questi “fratelli nemici” (così li definivano i W56) e anche del loro differente modo di relazionarsi con gli umani.
Di estremo interesse (mancante anch’esso in CDM) è il capitolo dedicato all’esperienza di Howard Menger, uno dei più noti contattisti americani che hanno vissuto una esperienza molto simile a quella di Amicizia. Breccia in questo volume pubblica una lettera molto pesonale inviatagli da Connie Menger, la vedova del contattista, nella quale si raccontano interessanti dettagli circa l’esperienza del marito e alcune sue riflessioni personali sull’esperienza di Amicizia.
Un altro documento che sicuramente è di estremo interesse (forse la cosa che mi è piaciuta di più del libro) è la lettera che un giudice di Torino, all’epoca coinvolto profondamente nel caso, di nome Franco Saija, inviò al Conte Gian Luigi Zoccoli nel 1968. Nella lettera, molto bella e intima, il magistrato confessa indirettamente il suo profondo coinvolgimento nel caso, chiedendo perdono di non poter aggiungere tutti i dettagli che il suo corrispondente vorrebbe perché non sarebbe possibile condividere la complessità di un’esperienza come quella da lui vissuta. “L’unica cosa che possono fare” -conclude Saija- “coloro che hanno vissuto esperienze come questa e che ne hanno compreso il significato è TESTIMONIARE“. E aggiunge: “Esistono infiniti mondi e civiltà nell’Universo e ogni tanto esse ci fanno visita con le loro navi, i loro dischi, i loro fenomeni, ma a noi questo non interessa più. Noi siamo consapevoli che esiste qualcosa che è ad un livello estremamente superiore, ed è il destino divino della stessa umanità.”
Queste erano le parole di un magistrato di Torino che aveva vissuto eventi straordinari e ne aveva compreso il significato più profondo. Parole che evocano nella memoria le riflessioni (eso)politiche di Alberto Perego e di tutti coloro che da questa esperienza hanno tratto la parte migliore, che li ha aiutati a crescere come persone.
Il libro contiene poi, nella seconda parte, delle riflessioni e delle analisi più marcatamente scientifiche, relative al sistema di propulsione dei dischi volanti, analisi effettuate dallo stesso Stefano Breccia, che da ingegnere è sempre stato affascinato dagli aspetti tecnologici della vicenda. Forse, come già accaduto in Contattismi di Massa, l’eccessiva presenza di formule matematiche complesse e di diagrammi tecnici, potrebbe rendere la lettura un po’ difficile per coloro che non hanno familiarità con i numeri e la scienza, tuttavia sono l’impronta dell’interesse dell’autore e ne testimoniano la passione e l’enorme competenza scientifica.
Importante a mio giudizio è anche il capitolo dedicato alla storia di Isla Friendship, una caso molto simile ( ma anche molto diverso) che accadde in sudamerica ad una serie di persone che entrarono in contatto con un gruppo di “Amici” che vivevano su un’isola remota dell’arcipelago cileno. Questo collegamento con la storia italiana di Amicizia, solo accennato in CDM, è qui maggiormente approfondito e come sempre arricchito dalle riflessioni di Stefano Breccia.
In conclusione, pur lasciando ai lettori il giudizio finale su questo libro tanto atteso e senza voler negare il valore storico della pubblicazione, ritengo che questo ultimo libro sul caso Amicizia, poco si discosti dalla linea tracciata da Contattismi di Massa( e per approccio alla storia e per metodo narrativo) e che, al di là del materiale inedito comunque estremamente interessante, poco abbia da aggiungere alla conoscenza complessiva della storia che rimane, come forse è giusto che sia, tesoro esclusivo delle persone che l’hanno vissuta direttamente (Breccia compreso).
Chi già conosce la storia vi troverà molto materiale nuovo e diversi spunti di approfondimento (soprattutto per quanto riguarda il coinvolgimento diretto di Stefano Breccia -tanto con gli UMMITI quanto con i W56- che qui emerge con maggiori dettagli), mentre chi non la conosce avrà modo di farsi un’idea più chiara della vicenda, sebbene questo secondo volume non possa prescindere, a mio avviso, dalla lettura del primo Contattismi di Massa.
Personalmente credo che la storia di Amicizia abbia rappresentato qualcosa di molto più grande di quanto i singoli racconti dei testimoni (per definizione parziali) possano farci comprendere. Amicizia fu a mio giudizio una grande storia di interazione tra umani e alieni ma anche di integrazione tra popoli ad un livello che per noi ancora non è immaginabile. E’ stata, per così dire, un primo passo, sia per noi, ma forse anche per i nostri Amici, che ha sicuramente lasciato qualcosa di speciale in entrambi i gruppi, perché in un certo senso ogni incontro è un’occasione di crescita.
Certamente furono commessi errori, da entrambe le parti, ma la cosa importante è che questi errori in qualche modo dovevano essere commessi. Per crescere, per migliorarsi, come uomini, come umanità. Questa, al di là di quanto possa essere detto o smentito sulla storia di Amicizia,è a mio giudizio il vero e più profondo significato di questa esperienza. E se è così, credo che questa non sia affatto conclusa.
Ivan Ceci
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LA MIA INTERVISTA A GASPARE DE LAMA (MAGGIO 2010)
Il caso “Amicizia” – Intervista a Gaspare De Lama from Ivan Ceci on Vimeo.
IN ENGLISH
The “Friendship” case: Interview with Gaspare De Lama by Ivan Ceci from Ivan Ceci on Vimeo.